Stop all’appalto di servizi che abbia ad oggetto la sola fornitura di ore di lavoro. A ricordarlo il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1571/2018.
La vicenda trae origine da un bando per l’affidamento a terzi di attività di supporto amministrativo, contabile e giuridico in favore del committente. A proporre il ricorso al Tar un’agenzia di somministrazione che lamentava l’erronea qualificazione delle attività messe a bando come appalto di servizi. In realtà, secondo il ricorrente, la fattispecie era da ricondurre nell’alveo della somministrazione di personale, come tale riservata alle agenzie per il lavoro iscritte nell’apposito Albo.
La controversia giunge fino al Consiglio di Stato, che ribalta la decisione del Tar accogliendo il ricorso dell’agenzia. Nel motivare la decisione, i giudici amministrativi ricordano la distinzione tra appalto e somministrazione. Nel primo, l’appaltatore assume, con organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio a fronte di un corrispettivo in denaro. Nella somministrazione, al contrario, l’agenzia invia in missione dei lavoratori al fine di svolgere l’attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.
Altresì il Consiglio di Stato, nella sua disamina, cita gli indici di non genuinità del contratto di appalto tracciati dalla giurisprudenza di Cassazione:
- La richiesta da parte del Committente di un certo numero di ore di lavoro;
- L’inserimento stabile del personale dell’appaltatore nel ciclo produttivo del committente;
- L’identità dell’attività svolta dal personale dell’appaltatore rispetto alla forza lavoro del committente;
- Il potere organizzativo esercitato dal committente sull’attività dei dipendenti dell’appaltatore.
Secondo i giudici amministrativi gli indici citati sono tutti rinvenibili nel bando oggetto del ricorso. Innanzitutto, sotto il profilo della natura della prestazione richiesta, le attività del bando non sono identificate in “servizi” bensì in ore annue di lavoro. Questo dato, secondo il Consiglio di Stato, dimostra che il Committente “mira sostanzialmente ad integrare il proprio personale interno dimostratosi insufficiente con altro personale esterno in modo da garantire il regolare svolgimento delle proprie attività d’ufficio”.
Altro elemento che qualifica il bando in parola come appalto “non genuino” è l’assenza dell’obbligo dell’appaltatore di mettere a disposizione mezzi e attrezzature, bensì utilizzare le apparecchiature del committente (computer, cancelleria, fotocopiatrici).
In conclusione, il Consiglio di Stato riqualifica il bando come somministrazione di lavoro e ne sottolinea l’illegittimità nella parte in cui non richiede, tra i requisiti di partecipazione, il possesso dell’autorizzazione ministeriale e l’iscrizione all’Albo, elementi essenziali per lo svolgimento dell’attività di somministrazione di manodopera.