Con nota n. 5828 del 4 luglio scorso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro fornisce ai propri organi di vigilanza indicazioni in merito al calcolo della sanzione amministrativa prevista per chi viola il divieto all’uso del contante per il pagamento delle retribuzioni.
Dal 1° luglio 2018 sono entrate in vigore le disposizioni contenute nell’articolo 1 commi 910 – 914 della Legge n. 205/2017 (Manovra 2018) che impongono ai datori di lavoro privati di utilizzare mezzi di pagamento alternativi al contante per corrispondere, indipendentemente dall’ammontare, retribuzioni e acconti. Sono coinvolte tutte le forme di lavoro subordinato oltre a co.co.co. e soci lavoratori di cooperative.
Le spettanze potranno essere erogate tramite:
- Bonifico;
- Strumenti di pagamento elettronico;
- Pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- Emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, ad un suo delegato.
L’Ispettorato nella nota in commento chiarisce che rientra tra gli “strumenti di pagamento elettronico” il versamento degli importi su carta di credito prepagata intestata al lavoratore anche qualora la stessa non sia collegata ad un IBAN. In questo caso, si legge nella nota, il datore “dovrà conservare le ricevute di versamento anche ai fini della loro esibizione agli organi di vigilanza”.
Per i soci lavoratori di cooperative che intrattengono anche un rapporto di prestito sociale, l’erogazione dello stipendio può avvenire, afferma la nota, attraverso “versamenti sul libretto del prestito aperto presso la medesima cooperativa”. Ciò a condizione che:
- Tale modalità di pagamento sia stata richiesta per iscritto dal socio lavoratore;
- Il versamento sia documentato nella “lista pagamenti sul libretto” tenuto a cura dell’Ufficio paghe e attestato dall’Ufficio prestito sociale che verifica l’effettivo accreditamento il giorno successivo alla sua effettuazione.
L’altro aspetto su cui interviene l’Ispettorato è l’apparato sanzionatorio. Come stabilito dall’art. 1 comma 913 per i datori che non rispettano il divieto è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 1.000 e 5.000 euro. La formulazione del precetto, afferma la nota, lascia intendere che “il regime sanzionatorio sia riferito alla totalità dei lavoratori in forza presso il singolo datore di lavoro con la conseguenza che la sua applicazione prescinde dal numero di lavoratori interessati dalla violazione”. Ipotizzando che l’inosservanza coinvolga le retribuzioni di Giugno 2018 erogate a cinque dipendenti nel mese di Luglio, la sanzione in misura ridotta sarà pari a euro 1.666,67 (un terzo del massimo) a prescindere dal numero di stipendi erogati in contanti.
Al contrario, qualora la condotta si protragga per tre mensilità la sanzione in misura ridotta ammonterà a euro 5000 (cioè 1.666,67 * 3 mensilità), indipendentemente dai lavoratori coinvolti.