Insultare il lavoratore sul posto di lavoro costituisce reato di ingiuria

Lo ha stabilito la sezione penale della suprema Corte di Cassazione con  la sentenza 37380/2011. In buona sostanza, secondo questo consolidato orientamento giurisprudenziale, rischia una condanna per ingiuria il datore di lavoro che nel corso di una riunione, in presenza di altri colleghi, pronunci l’espressione “Lei dice solo stronzate”.

Secondo quanto riportato nel testo della sentenza  “dei beni che costituiscono l’oggetto giuridico del reato in discussione, l’onore attiene alle qualità che concorrono a determinare il valore di un individuo, mentre il decoro concerne il rispetto o il riguardo di cui ciascun essere umano è comunque degno (Sez. 5, n. 34599 del 4.7.2008, imp, Camozzi, Rv.241346); il giudizio sulla lesione effettiva di detti beni non può pertanto prescindere dal considerare se, rispetto all’ambiente nel quale una determinata espressione è proferita, la stessa si limiti alla pur aspra critica di un’opinione non condivisa ovvero trasmodi nello squalificare la persona appena indicati. Nel caso in esame, la collocazione dell’episodio in una riunione di docenti di un istituto scolastico, lo svolgimento dello stesso in presenza di colleghi quotidianamente impegnati in un’attività professionale comune a quella del soggetto passivo e la provenienza dell’espressione contestata da un immediato superiore di quest’ultimo sono elementi sicuramente rilevanti nel definire l’incidenza lesiva della condotta, e la cui portata doveva pertanto essere esaminata ai fini di un compiuto giudizio sull’esistenza o meno di un pregiudizio per l’onore e il decoro della parte offesa nel proprio ambiente lavorativo ed umano. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Caltanissetta per un nuovo esame che tenga conto degli aspetti motivazionali appena indicati”.

Ma cosa rischia oggi chi commette il reato di ingiuria? In prima istanza bisogna partire dall’assunto che il Decreto Legislativo 7/2016 ha cancellato dai reati penali il reato di Ingiuria, collocandolo di fato nel novero degli illeciti civili, la cui trasgressione condanna al pagamento di una sanzione economica, al risarcimento del danno ed al pagamento delle spese processuali.

Il reato di ingiuria, lo ricordiamo, rientra nella fattispecie  dei delitti contro l’onore la cui caratteristica è di offendere attingendo il valore sociale della persona lesa.  La condotta tipica del delitto di ingiuria consiste nell’offesa all’onore o al decoro di una persona presente. Due sono dunque i requisiti per la configurazione del delitto di ingiuria: l’offesa all’onore o al decoro e la presenza della persona offesa. Quest’ultimo elemento è anche il discrimine con il successivo delitto di diffamazione.

2 commenti a “Insultare il lavoratore sul posto di lavoro costituisce reato di ingiuria”
  1. Buongiorno, vorrei un chiarimento riguardo un fatto accadutomi. Sono una precaria a scuola, lavoro all’asilo, e mi trovo una persona che lavora nella scuola accanto, una scuola elementare, attaccata nel vero senso della parola alla mia. Tecnicamente non siamo colleghe, anche se le due scuole, facendo parte dello stesso plesso, mi obbligano talvolta a spostarmi dall’altra parte per fare alcuni lavoro, anche se io sono assunta all’asilo. Questa persona,una donna, ha dei modi di fare che non mi piacciono:parla sempre a voce altissima, e il modo in cui dice le cose è piuttosto prepotente, anche se parlando tantissimo mescola frasette innocenti ad altre ambigue. Ho scelto la linea del lasciar perdere. Purtroppo un giorno, dopo che era già successa una cosa simile altre due volte, viene nella mia scuola con il telefono in mano (il telefono,unico,è solo alle elementari) e urla (eravamo nel post mensa, alcune classi stavano uscendo in giardino, si immagini il rumore presente coi bambini in giro , ma la sua voce sovrastava ogni cosa) il nome di una maestra chiedendomi se c’è. Io ho due maestre con quel nome di battesimo, e pur avendo intuito di quale delle due si trattasse, le chiedo gentilmente un paio di volte di ripetersi. Si avvicina,sempre urlando, tono stizzito come se stesse parlando ad una sciocca, il nome ad alta voce, al che mi spazientisco e le dico che avendone due non può urlarmi con quel tono e pretendere che una precaria che si trova lì da poco sappia nomi e cognomi di tutti,ma di spiegarsi e con calma. Apriti cielo mi dice che urlare non vuol dire essere arrabbiati, che non c’è bisogno che mi arrabbio io invece. Le spiego con calma che ha questo tono ogni giorno, che non si tratta solo della voce alta ma del modo di parlare, arrogante e scortese. Mi risponde che non è vero che succede tutti i giorni perchè non siamo colleghe, che sono pazza a dire “tutti i giorni”, che ci incrociamo a malapena , che non mi calcola proprio, e se ne va urlando che ho un problema mentale e che per fortuna non siamo colleghe “cara mia”. Il tutto attraversando l’asilo, e con un bimbo che era appena uscito dalla classe per cercarmi e ci guardava con occhi sbarrati. Io ho tenuto un atteggiamento calmo e avvicinandomi al bimbo le rispondo grazie del complimento. Non la ascolto più. Avrei voluto aggiungere che ci troviamo sul posto di lavoro, in un luogo pubblico, davanti a bambini, e nella settimana della gentilezza, stiamo insegnando questo valore a dei bambini e lei si comporta così, ma lei stava andando via urlando questi complimenti alla mia persona.
    Lei è assunta a tempo indeterminato credo (si vanta di conoscere tutti a scuola e di essere lì da anni, perciò lo suppongo). Mi domando: si parla tanto di impiego pubblico, ma sono accettabili comportamenti del genere? Non dovrebbe esistere un’etica sul lavoro? Essere assunta nel pubblico significa che può fare così?

    Io, posso fare qualcosa?

    1. Gentilissima,

      Purtroppo non esiste una sola risposta alla sua domanda, in effetti è presumibile che esista una codice comportamentale, un regolamento interno cui far riferimento alla condotta che il lavoratore deve seguire nello svolgere la propria prestazione.
      In genere, è il datore di lavoro a dover richiedere l’adempimento della prestazione nei termini e nei modi richiesti, dunque è difficile ipotizzare un intervento da parte sua, rispetto lo svolgimento della prestazione lavorativa.
      Si tratta di aspetti che per certi versi, escono dalla logica del rapporto di lavoro, ed entrano in quella personale, e quindi in un sistema di regole e diritti differenti, certamente meritevoli di tutela.
      Nel suo caso forse sarebbe opportuno richiedere un parere legale, in modo da capire quanto può tutelarsi rispetto alla situazione descritta.
      Coridalmente

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