Unità produttive INPS: dubbi e certezze

La definizione di unità produttiva introdotta dall’INPS per beneficiare dei trattamenti di integrazione salariale, emanata in seguito all’introduzione del D.Lgs. 148/2015, ha lasciato non pochi dubbi sulla sua corretta identificazione soprattutto quando da questa dipendano le sorti dell’azienda.

Il decreto legislativo utilizza la nozione di unità produttiva ai fini:

  • Della definizione del requisito soggettivo coincidente con l’anzianità di effettivo lavoro di almeno novanta giorni.
  • Della determinazione, con riferimento alla CIGO, dei tre limiti temporali massimi concomitanti nell’utilizzo dell’ammortizzatore sociale: Limite di 24 mesi (30 mesi per le aziende artigiane, edilizie e industriali) in un quinquennio mobile; Limite delle 52 settimane nel biennio; Limite di un terzo delle ore lavorabili.
  • Della determinazione, in base ai suddetti limiti temporali, dell’incremento del contributo addizionale dovuto dalle aziende che beneficiano dalle prestazione.
  • Dell’istruttoria delle istanze di prestazione la cui competenza è delegata delle Sedi Inps territorialmente competenti in base alla sede dell’Azienda;

Dalla lettura del Decreto Legislativo 148/2015 emerge in modo netto l’importanza e la centralità del concetto di unità produttiva, pertanto nelle circolari n. 197 del 02/12/2015, n. 9 del 19/01/2017 l’INPS ne definisce il contenuto lasciando in seguito il compito, al datore di lavoro, di autocertificarne i requisiti identificativi.

Un concetto, quello di unità produttiva, che si identifica in una sede distaccata dalla sede principale solo se rispetti le caratteristiche di autonomia e organizzazione unite alla presenza di lavoratori in forza in via continuativa.

Contestualmente viene anche ridefinito anche il concetto di Unità Operativa ossia il luogo ove viene svolta l’attività lavorativa di uno o più dipendenti; concetto introdotto in via originaria dall’INPS, con la circolare 172/2010 per disciplinare il principio cardine dell’unità della posizione contributiva aziendale. Scopo originario delle unità operative era infatti quello di inquadrare la struttura territoriale dell’azienda, proprio in considerazione dell’accentramento obbligatorio e così indirizzare i flussi monetari presso le sedi Inps territorialmente competenti.

A questo punto appare evidente che un luogo o un territorio dove vengano svolte attività lavorative da parte di un’azienda dove non abbia stabilito una sede, un ufficio o quant’altro non possa identificare a priori le caratteristiche estese richieste dall’INPS, nel definire il concetto di unità produttiva.

Immaginiamo il caso dei servizi in appalto dove i lavoratori vengono chiamati a svolgere la propria attività nel luogo indicato dal contratto di appalto, non sussistendo però l’obbligo da parte dell’appaltatore di eleggervi una sede. Appare evidente che in una situazione di questo tipo diventi complicato definire la lavorazioni dislocate come Unità Produttive, in quanto si avvicinano di più alla definizione di Unità Operative. Non solo, molte società di servizi, istituti di credito e aziende industriali, pur avendo filiali e stabilimenti su tutto il territorio nazionale non identificano le stesse nel dettato posto dall’INPS con riferimento all’unità produttiva, appare quasi scontato infatti che l’autonomia, funzionale, organizzativa e finanziaria sia accentrata presso una direzione, quasi sempre ubicata presso la sede principale dell’azienda.

Ciò che aiuta le aziende e i consulenti nel rendere l’autocertificazione dei requisiti ai fini dell’unità produttiva, elemento imprescindibile per fruire dei trattamenti d’integrazione salariale, è il fine richiesto dalla norma ossia: in quel luogo bisogna usufruire dei trattamenti di integrazione salariale? Se si allora “Unità Produttiva” altrimenti “Unità Operativa”. E’ evidente che, ragionando in modo diverso, migliaia e migliaia di lavoratori dipendenti di aziende che finanziano le prestazioni d’integrazione salariale, si vedrebbero negare un diritto a loro spettante per il semplice fatto di prestare lavoro in un luogo non coincidente con il concetto di unità produttiva, una disparità di trattamento, o meglio una penalizzazione, cui il legislatore certamente non potrà acconsentire.

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